Talvolta mi sono trovata ad affrontare il problema di far comprendere ai "non addetti ai lavori" il ruolo e la professionalità di noi pedagoghi. Troppo spesso veniamo "pensati" come figure vicino alla scuola (insegnante) e non come professionisti poliedrici che si occupano dell'educazione e della formazione dell'uomo per tutto l'arco della vita (dalla culla alla tomba) modulando gli interventi per la fascia di età di riferimento. Problematiche da sempre emerse a causa di un mancato riconoscimento di un ordine professionale e per il quale da sempre combattiamo per la tutela della professionalità e delle persone alle quali vengono rivolte le pratiche educative.
Certamente la scuola è il fulcro centrale dell'intervento pedagogico e dove la pedagogia stessa trova la sua trasformabilità, il suo modo di pensare e ripensarsi. Certamente la scuola (come i centri di educazione degli adulti) devono tenere conto per la stesura dei loro programmi dei principi pedagogici. Facciamo intanto un po di chiarezza concettuale fra, informazione, istruzione, educazione, formazione e ovviamente pedagogia. Lasciando la possibilità al lettore, a causa della vastità del tema, di svolgere ricerche personali o di contattarmi per delle specificazioni.
Informazione: secondo il vocabolario on-line Treccani, l'informazione è " Atto dell’informare o dell’informarsi, nel senso di dare o ricevere notizia". Uno scambio di conoscenze fra un interlocutore ed un altro, oppure fra più persone. In questo caso la conoscenza è limitata alla notizia. Benchè il concetto trova la sua trasformabilità in base al campo di applicazione (informazione multimediale, informazione giornalistica, informazione scientifica, ecc ...) in generale facciamo riferimento ad un interlocutore ed un recettore che si scambiano un'informazione trasformano l'ignoto in noto, il certo in incerto e così via.
Istruzione: secondo la Wikipedia, "Per istruzione si intende l'opera svolta per istruire mediante l'insegnamento". In altri termini è un passaggio di contenuti fra chi sa e chi non sa, fra un insegnante ed un alunno, fra un lavoratore ed un apprendista (ti insegno le nozioni del lavoro).
Educazione: verbo che deriva dal latino "educere" significa "tirare fuori dalla persona le potenzialità" partendo dal singolo o dal gruppo. Vedo in te delle qualità che devono emergere ... . Quindi non facciamo riferimento all'educazione come immettere nozioni all'interno di "teste considerate vuote". Ma è un atto, un operazione articolata fra un educatore ed un educando, il cui obbiettivo è di potenziare, valorizzare, far emergere "quel buono che c'è in noi e che ci serve per stare al mondo". Il genitore educa i figli e sperano che diventino buoni adulti all'interno della società. Benchè sia a se stante, l'educazione spesso viene "attraccata" al concetto di istruzione e insegnamento per far emergere tecniche "trasmissive" del sapere: mentre insegno educo. Pertanto l'altro non viene considerato come una scatola vuota ma come una persona con pregi e difetti.
Formazione: tale concetto assume molteplici significati e viene utilizzato in base alle diverse discipline: alla lettera dare forma. In ambito pedagogico è una relazione fra un formatore ed un formando il cui obbiettivo è quello di far raggiungere ai lavoratori un alto grado di professionalità (sapere, saper essere e saper fare). Infatti il concetto formazione professionale viene utilizzato sia all'interno della scuola che nel mondo del lavoro. Basta pensare ai tirocini di alternanza scuola lavoro, alla formazione professionale dovuta per legge, alla formazione che ogni persona adulta decide di svolgere per se stessa. E' quel bagaglio di competenze, conoscenze e abilità che ognuno di noi tiene nella propria valigia professionale.
La formazione come l'educazione si espleta in tre ambienti:
Formale: l'esempio principe è la scuola, ovvero tutti gli enti pubblici e privati che al termine di un percorso rilasciano diploma o qualifica spendibile nel mercato del lavoro. Per esempio il diploma di scuola superiore, corsi di HACCP o Sicurezza che vengono svolti agli adulti da centri autorizzati, i corsi di recupero serale per chi non ha concluso la scuola, master, ecc ... .
Non formale: ovvero tutti quei percorsi che non rilasciano attestati ma che sono utili alla persona. Per fare un esempio, desidero partecipare ad un seminario di studio sulla Cultura Etrusca. Mi piacerebbe comprendere le tecniche pediatriche di pronto intervento per i bambini, partecipo ad un programma educativo per imparare una lingua straniera. Tali attività non sempre tengono in considerazione il livello culturale e sociale dei partecipanti e possono essere gratuiti, finanziati con soldi pubblici oppure a pagamento. Tutti li possono fare per accrescere le loro competenze, passioni, desideri. Inoltre certe tipologie di corsi possono sfociare (attraverso un iter di valutazione di solito svolto dai professionisti dei centri per l'impiego) in competenze spendibili nel mondo del lavoro, oppure inseriti all'interno di un percorso didattico formale in termini di crediti.
Informale: tutti quei percorsi che derivano dall'esperienza e dove avviene un processo di trasformabilità della persona. Trasformabilità intesa sempre nel sapere, nel saper fare e nel saper essere: l'imparare sul campo e mediante processi non strutturati e regolati da terzi. Per fare un esempio, la vita è la palestra migliore in cui avviene la trasformabilità inconsapevole e incondizionata. Tutti gli apprendimenti quotidiani di cui non ci rendiamo conto. Le regole apprese nel mondo del lavoro e di cui nessuno ci ha preparato producono atteggiamenti e comportamenti diversi. Oppure una madre che cambia stile educativo nei confronti dei propri figli perchè si è resa conto che stanno crescendo, ecc ... . Alla base c'è sempre un processo di apprendimento più o meno consapevole. Anche l'informale come il non formale, nell'ambito lavorativo può essere certificato: ho imparato tramite l'esperienza ad utilizzare la macchina per fare il gelato. Ho imparato tramite l'esperienza ha rapportarmi con i clienti di un negozio e le tecniche di vendita.
Già da tutte queste definizioni possiamo dedurre che la pratica pedagogica in essere è articolata e deve modificarsi in base all'età della persona ed al contesto di riferimento in cui il pedagogista possiede un ruolo attivo.
Pedagogia: sempre secondo l'encicolpedia on-line Treccani, è la scienza umana che studia l'educazione e la formazione dell'uomo". Infatti non si occupa solo di bambini, ma anche di adulti, adolescenti, anziani e disabili, ovvero come abbiamo visto di tutte le fasce di età. Secondo alcuni Autori, la pedagogia è scienza in quanto costituita da un organico sistema dei saperi ed il fine euristico è l'uomo (ovvero il soggetto agente ed il soggetto primario della pratica pedagogica). Secondo il Discorso Generale di Pedagogia, quest'ultima si articola in diverse branche specialistiche, Vediamone alcune:
- pedagogia speciale, che si occupa dei disturbi di apprendimento e situazioni di disagio in generale (BES e DSA bambini e adulti).
- pedagogia sperimentale, che si occupa di ricerca;
- pedagogia degli adulti, che si occupa dei metodi di trasmissione dei saperi e delle problematiche che si basano su interventi di rieducazione, qualificazione e quanto altro sia sulla sfera lavorativa che sociale. In tal caso il pedagogista spazia dalla formazione professionale rivolta ai disoccupati, all'inserimento nel mondo del lavoro di soggetti svantaggiati;
- pedagogia dei contesti formali: che si occupa della scuola e dei corsi di qualifica;
- pedagogia della famiglia: che si occupa di problematiche come separazione, divorzi, genitorialità, ecc ... ;
- pedagogia politica: che si occupa della formazione dell'uomo come cittadino;
- pedagogia comparata: che si occupa dei sistemi formativi ed educativi di altre Nazioni.
- psicopedagogia, che si occupa dei problemi psicologici in ambito pedagogico.
Parecchi possono essere i problemi oggetto di una pratica pedagogica: la relazione fra genitori e figli, i problemi dettati dall'adolescenza, il reinserimento dei detenuti, la riabilitazione dei bambini che hanno subito maltrattamenti, l'inclusione scolastica e sociale per i soggetti disabili, l'alternanza scuola/lavoro, la riqualificazione dei lavoratori disoccupati o inoccupati, tirocini, tutor d'apprendimento, attività di animazione per anziani, interventi nei carceri minorili, asili, centri diurni e chi più ne sà più ne metta.... . Si capisce di quanto sia delicato ed eclettico questo mestiere, poichè il pedagogista ogni giorno si deve confrontare con le diverse realtà che circondano la persona.
Ma chi è il pedagogista?
E' un professionista laureato Magistrale in Scienze dell'Educazione e della Formazione, esperto dei processi educativi e formativi. Dotato di una formazione multidisciplinare che varia dalla pedagogia alla psicologia, lettere, filosofia, antropologia, economia, sociologia, storia e chi come me statistica sociale, svolge la sua attività in enti pubblici, privati o come libero professionista (spesso in studi associati). In particolare le aree di intervento (illustrate in parte da wikipedia) sono:
Area socio educativa e socio assistenziale: centri diurni per anziani o disabili, consultori, centri per famiglie, centri anti violenza su minori e donne, sportello ascolto per adolescenti, ludoteche, centri di accoglienza, ecc ... .
Area scolastica: oltre all'insegnamento (maestro o professore) coordinamento pedagogico, prevenzione del disagio minorile, dispersione scolastica, bullismo, tutor d'apprendimento, ecc ... .
Area giuridica: affido, adozioni, giudice non togato presso i tribunali.
Area Formazione Professionale: corsi dovuti per legge, tutor, progettista, certificatore delle competenze, corsi non formali, bilancio di competenze, selezione personale, ecc ... .
Quando andare dal pedagogista:
Figura riconosciuta dalla legge 4 del 2003 (Professioni non regolamentate in ordini o collegi) in ambito educativo e sanitario (solo per le prestazioni sociali a meno che non vengono dati esami universitari a medicina come nel caso degli educatori professionali), è consigliabile rivolgersi nel caso dei disturbi di apprendimento, scarso rendimento scolastico, difficoltà educative, orientamento scolastico e professionale, disagio personale e sociale, inserimento nel lavoro. In quanto figura di aiuto alla persona, saprà consigliarti ed applicare strumenti e metodi (tipici della professione) utili.
Importante: il pedagogista (se non abilitato) non può fare diagnosi. Inoltre è assolutamente vietato prescrivere e somministrare farmaci, tipico delle professioni sanitarie (neuropsichiatra, psicologo, pediatra, medico di famiglia, ecc ...) ma può redigere relazioni che possono e che devono essere prese in considerazione dalla scuola, dalla sanità, dagli assistenti sociali, dai datori di lavoro e può affiancare i genitori durante i colloqui con gli insegnanti e nel duro compito di crescita dei figli.
Certamente la scuola è il fulcro centrale dell'intervento pedagogico e dove la pedagogia stessa trova la sua trasformabilità, il suo modo di pensare e ripensarsi. Certamente la scuola (come i centri di educazione degli adulti) devono tenere conto per la stesura dei loro programmi dei principi pedagogici. Facciamo intanto un po di chiarezza concettuale fra, informazione, istruzione, educazione, formazione e ovviamente pedagogia. Lasciando la possibilità al lettore, a causa della vastità del tema, di svolgere ricerche personali o di contattarmi per delle specificazioni.
Informazione: secondo il vocabolario on-line Treccani, l'informazione è " Atto dell’informare o dell’informarsi, nel senso di dare o ricevere notizia". Uno scambio di conoscenze fra un interlocutore ed un altro, oppure fra più persone. In questo caso la conoscenza è limitata alla notizia. Benchè il concetto trova la sua trasformabilità in base al campo di applicazione (informazione multimediale, informazione giornalistica, informazione scientifica, ecc ...) in generale facciamo riferimento ad un interlocutore ed un recettore che si scambiano un'informazione trasformano l'ignoto in noto, il certo in incerto e così via.
Istruzione: secondo la Wikipedia, "Per istruzione si intende l'opera svolta per istruire mediante l'insegnamento". In altri termini è un passaggio di contenuti fra chi sa e chi non sa, fra un insegnante ed un alunno, fra un lavoratore ed un apprendista (ti insegno le nozioni del lavoro).
Educazione: verbo che deriva dal latino "educere" significa "tirare fuori dalla persona le potenzialità" partendo dal singolo o dal gruppo. Vedo in te delle qualità che devono emergere ... . Quindi non facciamo riferimento all'educazione come immettere nozioni all'interno di "teste considerate vuote". Ma è un atto, un operazione articolata fra un educatore ed un educando, il cui obbiettivo è di potenziare, valorizzare, far emergere "quel buono che c'è in noi e che ci serve per stare al mondo". Il genitore educa i figli e sperano che diventino buoni adulti all'interno della società. Benchè sia a se stante, l'educazione spesso viene "attraccata" al concetto di istruzione e insegnamento per far emergere tecniche "trasmissive" del sapere: mentre insegno educo. Pertanto l'altro non viene considerato come una scatola vuota ma come una persona con pregi e difetti.
Formazione: tale concetto assume molteplici significati e viene utilizzato in base alle diverse discipline: alla lettera dare forma. In ambito pedagogico è una relazione fra un formatore ed un formando il cui obbiettivo è quello di far raggiungere ai lavoratori un alto grado di professionalità (sapere, saper essere e saper fare). Infatti il concetto formazione professionale viene utilizzato sia all'interno della scuola che nel mondo del lavoro. Basta pensare ai tirocini di alternanza scuola lavoro, alla formazione professionale dovuta per legge, alla formazione che ogni persona adulta decide di svolgere per se stessa. E' quel bagaglio di competenze, conoscenze e abilità che ognuno di noi tiene nella propria valigia professionale.
La formazione come l'educazione si espleta in tre ambienti:
Formale: l'esempio principe è la scuola, ovvero tutti gli enti pubblici e privati che al termine di un percorso rilasciano diploma o qualifica spendibile nel mercato del lavoro. Per esempio il diploma di scuola superiore, corsi di HACCP o Sicurezza che vengono svolti agli adulti da centri autorizzati, i corsi di recupero serale per chi non ha concluso la scuola, master, ecc ... .
Non formale: ovvero tutti quei percorsi che non rilasciano attestati ma che sono utili alla persona. Per fare un esempio, desidero partecipare ad un seminario di studio sulla Cultura Etrusca. Mi piacerebbe comprendere le tecniche pediatriche di pronto intervento per i bambini, partecipo ad un programma educativo per imparare una lingua straniera. Tali attività non sempre tengono in considerazione il livello culturale e sociale dei partecipanti e possono essere gratuiti, finanziati con soldi pubblici oppure a pagamento. Tutti li possono fare per accrescere le loro competenze, passioni, desideri. Inoltre certe tipologie di corsi possono sfociare (attraverso un iter di valutazione di solito svolto dai professionisti dei centri per l'impiego) in competenze spendibili nel mondo del lavoro, oppure inseriti all'interno di un percorso didattico formale in termini di crediti.
Informale: tutti quei percorsi che derivano dall'esperienza e dove avviene un processo di trasformabilità della persona. Trasformabilità intesa sempre nel sapere, nel saper fare e nel saper essere: l'imparare sul campo e mediante processi non strutturati e regolati da terzi. Per fare un esempio, la vita è la palestra migliore in cui avviene la trasformabilità inconsapevole e incondizionata. Tutti gli apprendimenti quotidiani di cui non ci rendiamo conto. Le regole apprese nel mondo del lavoro e di cui nessuno ci ha preparato producono atteggiamenti e comportamenti diversi. Oppure una madre che cambia stile educativo nei confronti dei propri figli perchè si è resa conto che stanno crescendo, ecc ... . Alla base c'è sempre un processo di apprendimento più o meno consapevole. Anche l'informale come il non formale, nell'ambito lavorativo può essere certificato: ho imparato tramite l'esperienza ad utilizzare la macchina per fare il gelato. Ho imparato tramite l'esperienza ha rapportarmi con i clienti di un negozio e le tecniche di vendita.
Già da tutte queste definizioni possiamo dedurre che la pratica pedagogica in essere è articolata e deve modificarsi in base all'età della persona ed al contesto di riferimento in cui il pedagogista possiede un ruolo attivo.
Pedagogia: sempre secondo l'encicolpedia on-line Treccani, è la scienza umana che studia l'educazione e la formazione dell'uomo". Infatti non si occupa solo di bambini, ma anche di adulti, adolescenti, anziani e disabili, ovvero come abbiamo visto di tutte le fasce di età. Secondo alcuni Autori, la pedagogia è scienza in quanto costituita da un organico sistema dei saperi ed il fine euristico è l'uomo (ovvero il soggetto agente ed il soggetto primario della pratica pedagogica). Secondo il Discorso Generale di Pedagogia, quest'ultima si articola in diverse branche specialistiche, Vediamone alcune:
- pedagogia speciale, che si occupa dei disturbi di apprendimento e situazioni di disagio in generale (BES e DSA bambini e adulti).
- pedagogia sperimentale, che si occupa di ricerca;
- pedagogia degli adulti, che si occupa dei metodi di trasmissione dei saperi e delle problematiche che si basano su interventi di rieducazione, qualificazione e quanto altro sia sulla sfera lavorativa che sociale. In tal caso il pedagogista spazia dalla formazione professionale rivolta ai disoccupati, all'inserimento nel mondo del lavoro di soggetti svantaggiati;
- pedagogia dei contesti formali: che si occupa della scuola e dei corsi di qualifica;
- pedagogia della famiglia: che si occupa di problematiche come separazione, divorzi, genitorialità, ecc ... ;
- pedagogia politica: che si occupa della formazione dell'uomo come cittadino;
- pedagogia comparata: che si occupa dei sistemi formativi ed educativi di altre Nazioni.
- psicopedagogia, che si occupa dei problemi psicologici in ambito pedagogico.
Parecchi possono essere i problemi oggetto di una pratica pedagogica: la relazione fra genitori e figli, i problemi dettati dall'adolescenza, il reinserimento dei detenuti, la riabilitazione dei bambini che hanno subito maltrattamenti, l'inclusione scolastica e sociale per i soggetti disabili, l'alternanza scuola/lavoro, la riqualificazione dei lavoratori disoccupati o inoccupati, tirocini, tutor d'apprendimento, attività di animazione per anziani, interventi nei carceri minorili, asili, centri diurni e chi più ne sà più ne metta.... . Si capisce di quanto sia delicato ed eclettico questo mestiere, poichè il pedagogista ogni giorno si deve confrontare con le diverse realtà che circondano la persona.
Ma chi è il pedagogista?
E' un professionista laureato Magistrale in Scienze dell'Educazione e della Formazione, esperto dei processi educativi e formativi. Dotato di una formazione multidisciplinare che varia dalla pedagogia alla psicologia, lettere, filosofia, antropologia, economia, sociologia, storia e chi come me statistica sociale, svolge la sua attività in enti pubblici, privati o come libero professionista (spesso in studi associati). In particolare le aree di intervento (illustrate in parte da wikipedia) sono:
Area socio educativa e socio assistenziale: centri diurni per anziani o disabili, consultori, centri per famiglie, centri anti violenza su minori e donne, sportello ascolto per adolescenti, ludoteche, centri di accoglienza, ecc ... .
Area scolastica: oltre all'insegnamento (maestro o professore) coordinamento pedagogico, prevenzione del disagio minorile, dispersione scolastica, bullismo, tutor d'apprendimento, ecc ... .
Area giuridica: affido, adozioni, giudice non togato presso i tribunali.
Area Formazione Professionale: corsi dovuti per legge, tutor, progettista, certificatore delle competenze, corsi non formali, bilancio di competenze, selezione personale, ecc ... .
Quando andare dal pedagogista:
Figura riconosciuta dalla legge 4 del 2003 (Professioni non regolamentate in ordini o collegi) in ambito educativo e sanitario (solo per le prestazioni sociali a meno che non vengono dati esami universitari a medicina come nel caso degli educatori professionali), è consigliabile rivolgersi nel caso dei disturbi di apprendimento, scarso rendimento scolastico, difficoltà educative, orientamento scolastico e professionale, disagio personale e sociale, inserimento nel lavoro. In quanto figura di aiuto alla persona, saprà consigliarti ed applicare strumenti e metodi (tipici della professione) utili.
Importante: il pedagogista (se non abilitato) non può fare diagnosi. Inoltre è assolutamente vietato prescrivere e somministrare farmaci, tipico delle professioni sanitarie (neuropsichiatra, psicologo, pediatra, medico di famiglia, ecc ...) ma può redigere relazioni che possono e che devono essere prese in considerazione dalla scuola, dalla sanità, dagli assistenti sociali, dai datori di lavoro e può affiancare i genitori durante i colloqui con gli insegnanti e nel duro compito di crescita dei figli.
Commenti
Posta un commento